Le Case Editrici
Animale misterioso, quasi mitologico.
A mio avviso, negli ultimi anni però, e soprattutto in Italia, ben poco propenso al rischio connesso alla pubblicazione di un esordiente, che non sia, magari per altre vie, già noto.
Fateci caso.
Oggi la maggior parte delle nuove uscite sono opere di autori stranieri. Ma in tale maniera il rischio imprenditoriale se l’è assunto qualcun altro, mi dico io. Qualcun altro cioè ha rischiato la pubblicazione: caso emblematico quello di Joël Dickert. Il nostrano editore, invece, in questa circostanza, alla luce del successo riscontrato dall’opera all’estero, dimostra che gli piace giocare (e vincere) facile, limitandosi all’acquisto dei diritti ed alla traduzione.
Certo, si potrebbe dire che i bilanci delle nostre Case Editrici non sono come quelli delle omologhe anglosassoni, il che depotenzierebbe molto la capacità di investimento, ma questa non è una giustificazione sufficiente, e soprattutto è un’altra storia.
Andiamo avanti.
Altra categoria molto pubblicabile in Italia (…) è quella di gente famosa in altri àmbiti. Così, è un fiorire di sportivi, cantanti, attori, ecc. che scrivono… (o, anche in questo caso, qualcun altro lo fa per loro, il ghost writer).
E lì il rischio imprenditoriale “si spera” venga compensato dal cluster di riferimento del personaggio, che dal suo ambiente di elezione transumi verso quello letterario. Perché poi questi “libri” più di un cadeau non sono, e che vengano pure letti, non dico che piacciano, è assolutamente un optional.
Anche qui però, a guardare bene, quello che manca è il rischio, l’investimento sulla collettività, l’innovazione (Schumpeter…), e perché no, la sperimentazione.
A questo punto però io – che non sono nessuno – mi domando: a quanti ‘seri’ aspiranti scrittori quelle pagine di calciatori, comici, youtuber hanno tolto spazio? E quell’editor, che ha pubblicato un libro con la Casa Editrice per la quale lavorava, a chi ha tolto la possibilità di fare altrettanto? Sarebbe simpatico sapere quanto ha venduto…
E ancora.
La carta costa solo per gli esordienti? Ma soprattutto – cara Casa Editrice – la letteratura sugli scaffali dov’è?
Non credo che sia io a maneggiarla, per carità. Però di una cosa sono convinto.
Che la ricerca di nuovi modelli, di nuovi linguaggi oggi più che mai debba partire dal basso. Come nella musica si guarda al trap, nella moda allo street style, spero che nella letteratura, da domani, si guardi al self.