Gli e-book
Quando ho pubblicato per la prima volta non mi sono posto il problema: e-book.
I vantaggi sono innumerevoli. Innanzitutto, il costo. La carta è una risorsa sempre più scarsa, quasi come l’acqua, che, del resto, è necessaria in grande quantità per produrre un libro. Per questo non vorrei avere sulla coscienza centinaia di alberi solo per dare un supporto alla mia fantasia narrativa.
Già, quello del supporto è un problema non di secondaria importanza. In questo, l’industria del libro è molto indietro rispetto, ad esempio, a quella cinematografica o a quella musicale. E gli effetti della pandemia hanno solo avviato un percorso, non introdotto una rivoluzione.
L’arte è una funzione, non un bene. È una fruizione, non una proprietà.
Non devo possedere la Morte della Vergine di Caravaggio per apprezzarla.
Per cui, spostando l’attenzione su espressioni artistiche di ben minore cabotaggio, oggi grazie allo streaming siamo abituati a guardare un film o ad ascoltare della buona musica anche senza il supporto, anche senza possedere il bene. Significativa in proposito è l’evoluzione del prodotto “musica”: dai dischi in vinile siamo passati alle audiocassette, poi ai CD, infine al formato digitale, gli MP3, un bene immateriale ma ancora suscettibile di possesso, fino ad oggi, epoca in cui la musica è soprattutto ascolto, nulla più, quello che dovrebbe essere.
La letteratura invece è ancora legata all’oggetto, al feticcio “libro”: passeggiare tra gli scaffali delle librerie, sfogliarne le pagine, sentire il profumo della carta e altre menate del genere.
È un’arte cioè ancora estremamente legata al possesso del supporto, mezzo che ne garantisce la fruizione anche al di là della funzione, talvolta anche senza la funzione (ad esempio, abbiamo letto tutti i libri che stanno prendendo polvere nelle nostre librerie casalinghe?). Secondo me, nel giro di qualche anno, il libro diventerà come il vinile, un prodotto di nicchia, per pochi, esclusivo, non di largo consumo, il che va anche bene, purché provenga da foreste rigenerate.
Insomma, dicevo, siamo di fronte a un paradigma recessivo (Esperienze da self publisher #3), l’e-book invece è il nuovo che avanza, la forma digitale dell’oggetto, per poi arrivare, anche qui, alla lettura senza proprietà.
Ma torniamo al costo della carta.
Svincolarsi dal supporto consente di abbassare il prezzo del prodotto, il che, soprattutto per un self publisher ma anche per un editore, non è questione di poco conto.
Qualche tempo fa in un forum di aspiranti scrittori qualcuno opinava: “Perché mai acquistare il libro di un self publisher, visto che le librerie sono piene di libri di scrittori famosi?”. Le risposte non lasciarono traccia. A nessuno, tuttavia, venne in mente la più banale. Perché, grazie al formato digitale, quel libro costerebbe un quarto di quelli venduti nelle librerie, e se poi la qualità non ha nulla da invidiare a questi ultimi, il gioco è fatto.
Insomma, fate voi.
P.S. Sì, lo so. Alla fine, anch’io ho ceduto al fascino del cartaceo. I miei libri, oltre al formato e-book, fanno questa concessione al paradigma recessivo. Ma, sapete, sono un sentimentale…